Test d'accesso alle superiori, studenti e sindacati sul piede di guerra

"Inaccettabile", "insensato" e anche un po' "classista". E' questo il commento a caldo degli studenti italiani alla notizia di un test d'ingresso a numero programmato per accedere alla scuola superiore.
A giustificare la scelta di questo strumento, l'eccessivo numero di iscritti in alcuni istituti che si contrappone allo scarso numero di aule e di insegnanti, a discapito di una didattica poco soddisfacente.

Almeno è questa la risposta data dalla preside del liceo europeo "Altiero Spinelli" di Torino, Carola Garosci: "Non ci piace per niente, ma dobbiamo farlo perché non abbiamo abbastanza spazio per accettare tutte le domande: dovremmo fare classi da 60 ragazzi".
Lo Spinelli è tra i precursori di questa proposta, utilizzando già dal 2007 test selettivi durissimi, il cui percorso inizia fin dalle scuole primarie: in quinta elementare, infatti, per chi desidera far parte delle future classi-Spinelli, la conoscenza di due lingue straniere deve essere alla base, assieme a quella dei pronomi personali e aggettivi possessivi. A soli 10 anni. Una pretesa un po'eccessiva.
Eppure, come si legge dall'offerta formativa di questo istituto e di altri che da gennaio stanno pensando di applicare questa formula, la prova di ingresso vuole essere semplicemente "uno strumento per la formazione delle classi", allo scopo di “motivare maggiormente i futuri alunni del liceo".

Studenti
e sindacati però non ci stanno e vanno all'attacco di questo sistema troppo meritocratico in un momento, quello del passaggio dalle medie alle superiori, molto delicato per la formazione di un individuo. Lo dichiara Federconsumatori, pronta a denunciare come anticostituzionali le scuole che adotteranno i test d'ingresso, perchè ledono "il diritto allo studio di tutti i ragazzi''.
Uno strumento discriminatorio, che non risolve il problema della carenza di strutture scolastiche e che creerebbe - continua la nota dell'associazione - "istituti di serie B in cui confinare i ragazzi che non dovessero passare il test''.

Pronte a denunciare gli istituti anche Cgil scuola, trovando inaccettabile tanta selettività all'interno della scuola dell'obbligo; dello stesso parere anche Daniele Lanni, portavoce nazionale della Rete degli Studenti: "Un qualsiasi test che ponga dei limiti alle iscrizioni alle scuole superiori che, lo voglio ricordare, sono scuole dell’obbligo è una follia e assolutamente incostituzionale”.

Tuttavia, il direttore generale del ministero dell’Istruzione, Carmela Palumbo, si dice parzialmente favorevole ai test d'accesso, dichiarandoli "discutibili, ma per ora limitati" e sottolineando come nelle circolari diffuse nelle scuole sia stato esplicitamente chiesto di non selezionare sotto il profilo meritocratico, garantendo in ogni classe "tutti i livelli di conoscenza“.
Le rassicurazioni non bastano però a placare gli animi degli studenti, le prime vittime di questo sistema: i test di iscrizione sono "una pericolosa sottovalutazione della funzione della scuola", commenta Roberto Campanelli dell'Uds, e una barriera sociale che ha come obiettivo quello "di recintare l’istruzione per tutti". Riportando la scuola italiana indietro di molti anni, quando il diritto allo studio era prerogativa dei "Pierini", come venivano chiamati gli studenti ricchi dai ragazzi della scuola di Barbiana di Don Milani.